Lancette corte per ore piccole

“Povera Alice! Tutto quel che poté fare fu di starsene sdraiata su un fianco a sbirciare nel giardino con un occhio solo; entrarci, era impresa più disperata che mai.”
- Alice nel Paese delle Meraviglie

Qualcuno sta fissando intensamente un oggetto, qualcuno sta smussando l’oggetto. Ti sembrava divertente regalarmi un COME SI RICONOSCE E COME SI CURA, non quello con un pinguino raffreddato con una sciarpa a strisce, la guida rapida contro il raffreddore di stagione. Temiamo le distanze, teniamo le distanze. Diventando responsabile tecnico di tutti gli spostamenti e delle storie a lieto fine. Se in un attimo tutto girasse in seppia. Se in un attimo mi trovassi la scadenza serigrafata sulla schiena? Se fosse domani il giorno ti chiederei di consumarmi preferibilmente entro la notte e poi di abbandonarmi sul ciglio di una strada in salita. Perchè essere temporaneamente inutilizzabili a volte spaventa di più che la fine. Siamo letteralmente scappati perchè avevamo vestiti permeabili e una salute in bilico, la tua estensione di plastica parlava di una controperturbazione boreale, un sole alto. Abbiamo passato tempi lunghi a chiederci se ce l’avremmo fatta a gestire i tempi morti. Fuori una piazza e due palazzi gemelli come su una piazza di Roma due chiese. Parlavamo di quale città ci evocasse quella scena, e poi era sempre quella, come se questa metropoli disincantata non ci bastasse. Per terra c’erano sigarette disposte secondo un ordine non casuale e telefonate come espirazioni, con code di silenzi sufficienti a ridare fiato alle strade colme di smog. Aspettavi parlando che tirassi fuori le statistiche o un’arma da fuoco e ripetevi quelle parole che ti stavano tanto a cuore per renderle inoffensive. Dicevi che le immagini stereoscopiche fornite dai nostri occhi esageravano le distanze: ci sembrava di camminare troppo e di metterci dei giorni per andare nei posti più stupidi, in quel ristorante di quella catena che solo qui fa lo sforzo di fingersi lussuosa. Ogni cosa sembrava inutile, anche evitare gli sprechi e essere precisi e ordinati e coscienziosi, puliti e in misura adeguata al clima arrabbiati. Se stabilire leggi naturali ci è impossibile dobbiamo accontentarci di una prognosi provvisoria. Una riserva di refrigerio, un Antartide. Alla fine non mi chiedevi altro che di svuotarmi, cosa non difficile in qualsiasi ambito. Era tutto il giorno che lo sentivo, ma non doveva succedere. Da piccolo era davvero come aspettare che piovesse. Ed è come avere lancette corte per tenere testa a ore lunghissime, accettando ogni secondo un secondo di scarto, da depositare da qualche parte. La sensazione non è mai stata quella di cadere, non è mai stata debolezza o confusione, ma come giocare ad un altro livello. Noi giochiamo ad un altro livello, come dai tetti di Gropiusstadt. Ed ero troppo preso da me per accorgermi che anche tu, anche tu dovevi. Farlo insieme sarebbe stato molto più bello, sulla vetta della collina dei ciliegi sopra il parcheggio sotterraneo. In due e basta, senza contagiare tutta la città.

Arriviamo stanchi ma felici, arriviamo che il sole ci ha già preso di mira, colpisce un milione di persone per liberarci. Voglio vederti in faccia mentre succede, prima tu ti chiedo come in un gioco d’amore. Su un foglietto hai scritto delle cose da fare assolutamente, ma questa non c’è. Ci portiamo in giro il nostro segreto e sdraiati sui fianchi ci guardiamo con forza. L’erba è disseminata di diamanti e biro. Una evacuazione indolore della lingua. I tuoi occhi due grandi ovali, bianco e nero insieme. Uno stato di grande male ti colpirà tra 5 secondi per almeno 2 minuti, ti vedrò vibrare e piegarti, dolcemente ti lascerò cullare dalla tua materia grigia asciugandoti le labbra. Poi toccherà a me, ma ora ti stai fermando, eccoti, come una bambina di Miyazaki, caduta dal cielo e salvata a pochi metri dal baratro da qualcosa, anche solo dalla collana che porti al collo . L’epilessia mi colpisce per secondo, sempre. Con gli occhi spalancati e pieni ti godi le nostre due ore di torpore.

 

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