Dieci diversi modi almeno

sotto il pennino dello scriba una pagina frusciante/ e dopo/ dentro una polvere di archivi/ nulla nessuno in nessun luogo mai/ Vittorio Sereni 

Partirà e starà sola, solo per non aversi attorno, tanto poi ritorna. Inseguendo una monetina rotolante per tutta la sala prestiti della biblioteca centrale, il silenzio rotto tra i libri di diritto. Le teste che si girano, i proprietari in levitazione pochi centimetri sopra le sedie in palissandro. I loro vestiti che nascondono a stento il sudore. La sudorazione è una scoperta recente per lei, e la sta mettendo in difficoltà, dovrebbe portarsi sempre dietro una maglietta bianca in cotone organico di riserva ma gonfierebbe troppo la tracolla e renderebbe il suo insieme più ingombrante. Non ha ancora lo status per occupare più di un metro cubo sui trasporti pubblici. La polvere sugli appendiabiti e le giacche sugli schienali. Poco prima di un muro di legislazione del lavoro ferma la moneta allungando il piede. Testa. Un ultimo cloc, lo sbuffo dei presenti e poi di nuovo il silenzio e l’odore acre del toner di dieci fotocopiatrici in funzione e il bip emicraneitico di una macchinetta di tessera fotocopie già abilitata ai cinque euro nuovi. Un bibliotecario volontario usa il trespalle rosso scaffalato per trasportare un solo libro e si affaccia ad ogni cella come per scoprire qualcosa di nuovo tipo una persona in piedi sul tavolo, un castello di Hohenzollern edificato con flyers, una tempesta in una scatola per la raccolta differenziata del cartone, un animale domestico. Dalla scala a chiocciola, che percorre sempre con una specie di corsa affannata e zoppa, vede dentro i carrels*. Un tavolo, due sedie, una maniglia. Minimalismo, facilita lo studio. Bisogna ridursi a 6 metri quadri racchiusi dal compensato color abete canadese per portare avanti la propria ricerca. La segnatura 306 sta sconfinando sempre più nella 307.3 e prima che il suo corpo abbia completamente cambiato pelle, perdendo altre due tonalità di color carne, “cucina italiana” verrà relegato al settimo piano inaccessibile. Il pavimento gomma bollo antiscivolo ignifugo di spessore 7mm fa tanto attrito da essere quasi viscido e le ricorda il campo da minibasket dove giocava solo 13 anni prima. Ignifugo: immagina metri e metri di copertura per pavimenti che rotolano fuori dall’ingresso e dalle finestre, enormi lingue di plastica e gomma che escono dall’edificio e si consegnano al vento, atterriti da una fiamma blu. Deve essere una visione bellissima, come stelle filanti, un carnevale. Le sue suole non percepiscono i bolli e il logo incastonato ogni 10 metri lungo una linea retta. Ci sono dettagli, finiture che non interferiscono minimamente con gli spostamenti e le interazioni umane e non hanno valore estetico nè funzione ambientale in sè, sono inutili, non servono ed esistono, come un regalo. Dovrebbe ridurre la simpatia con le cose e piacersi di più, giustificarsi. Le lampade tipo occhio di bue esplodono sempre più spesso ma tengono l’antro illuminato a giorno e colorano di giallo le pareti bianche intonaco. Il giallo è il colore della concentrazione. La camera del suo scrittore preferito, che il suo scrittore preferito dipinse completamente di nero, quando a 16 anni non odiava nessuno ma stava solo bene al buio. Il mal di testa è ormai in una configurazione universale e raggiunge il non-appetito, la non-belligeranza e la scontrosità. Qualcuno sta tentando di lasciare qualcun altro, insonorizzato ai ciao e ai ci vediamo quando capita. Una ragazza con una maglia degli M&S chiude il quaderno di mediazione, un monocromo rosso serigrafato “it’s not your fault but mine”. E’ colpa di tutti, i riferimenti come estintori per i disagi e i casi emotivi particolari, quando ti senti Atteone appena trasformato e braccato dalla muta di cani feroci, solo allora pensi che la bellezza femminile sia un complemento d’arredo per le pinacoteche e i club e non l’unico motivo per spostare 14 milioni di metri cubi di terriccio e costruire un tempio o per viaggiare di notte a piedi come un poeta tedesco innamorato di una istitutrice. Fuori il vento spazza l’autobloccante, sbalzando minuscoli granelli di polvere sottile ed elastici per capelli, cromaticamente affini alle ragazze bionde che camminano seguendo il cemento, zigzagando e scappando all’ombra magra e flessuosa, che solo un maglione di una marca californiana può produrre, trasmettendo un senso di morbidezza e sensualità. Qualcuno la guarda con stroboscopica insistenza. Tutto tende ad una visione personale, tutto si piega alle opinioni di chiunque. Il mal di testa di questa decade è un chiodo avvitato all’ipofisi, sentirsi di un’altezza esagerata e non meritata, con un linguaggio non proprio e di qualità imprevista, e non è solo il non farsi capire. Sfugge alla luce troppo forte. Qualcuno che non ricorda le ha parlato di Jean Seberg e poi le ha detto quanta somiglianza ci fosse, con i giornali sotto al braccio. Forse era l’opposto, prima la somiglianza e poi un discorso generico su un regista francese e un film. Odia sempre più spesso i riferimenti, e non è solo non capirli. Perchè certo non basta la sua bellezza, ma deve essere quella di un’altra. Sottilizzare materialmente, più parla più sente di sfogliarsi, sgretolarsi, svuotarsi. Costringersi ad un discorso generico e una insicurezza facile, un cercare di raggiungere un letto il più velocemente possibile o un freddo polare da affrontare in maglietta a maniche corte. Annegare tutto in frasi nominali dalla lunghezza variabile come questo racconto. La strategia di mantenersi tra un dolore e un altro, rendere tutto non troppo duro e straziante ma solo un tantino destabilizzante, senza prendere atto della situazione generale. Sul microcestino metallico, sul treno, cancella con il palmo la scritta a matita “IO STO BENE” e ci scrive “Più o meno 1 anno”. Poi lo vede lì, l’aveva inseguita fino ad un treno non suo, cercando di inserirsi nella sua routine. Questa cosa le piace, decide di fare fatto tutto quello che vuole. Pare che ci siano dieci diversi modi almeno. Il deragliamento di un treno non è cosa complessa, non ci vuole nulla a rovinare una cosa enorme.

*A small individual study room or private desk, often in a library, where a student or researcher can work undisturbed.

 

 

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